Di Domenica

Limitata…bevabbè…

Autonomia…bevabbè…

Attenzione…bevabbè…

Quando è domenica,sei con l’amica del cuore,la radio passa le canzoni giuste,la luce del sole fa capolino sul tuo viso,scaldandoti,non ti importa del serbatoio vuoto.

Continui ad andare. L’autostrada è dritta. Non puoi sbagliare.

‘Alle cose semplici! ‘-cin-

Beviamo un sorso, in attesa che arrivi la nostra ordinazione.

Di lì a poco, segue una dettagliata presentazione di tutto quello che si trova sul tagliere. Neanche a dirlo, mi sono persa al primo nome,ma annuisco,abbozzo un sorriso e a tratti spalanco gli occhi. Insomma, cerco di fare l’inserita anche quando non lo sono. Di tutto quel dire però, una cosa continua a riecheggiarmi nella testa : ‘Questo prosciutto cotto è stato decretato dal Gambero Rosso il migliore in Italia.’

E ora?! Come si fa a mangiarlo e rendergli onore?!…Potrò prenderlo con le mani o è meglio usare la forchetta? Quanta masticazione per esaltarne il sapore? Meglio adagiarlo su una fetta di pane o mangiarlo da solo?

Dopo un leggero imbarazzo decido di rompere le barriere con il prosciutto cotto e mostrarmi per quella che sono. A volte con la forchetta,altre su una fetta di pane…Dovrebbe funzionare così anche con le persone : abbattere tutte quelle sovrastrutture che ci raccontiamo per apparire più belli e interessanti di quanto non siamo veramente, e dar libero sfogo al nostro vero essere. Mi gusto quell’affettato. Solo ora.

Al piacere del palato si accompagna quello delle mie orecchie. Passa musica troppo giusta. Versioni acustiche o al piano delle peggio tamarrate che passano le discoteche non troppo lontano da lì,nelle serate più moleste. Siamo a Riccione. Ma non quella dei fronzoli e dei lustrini.

Nella parallela di Viale Ceccarini lo scenario è tutt’altro. Un bancone da osteria costruito pezzo pezzo da un falegname,ferri da stiro come centrotavola,vecchi catini sparsi qua e là,sullo sfondo vasi di sott’oli e collane di aglio che cadono eleganti. Un posto dove rischi di essere cacciato se non sei di buon umore.

Questo,è il ‘Bevabbè’.

Che genio il tipo che ha pensato di chiamarlo così!

Il tempo dell’aperitivo è bastato per fare ingordigia di ‘bevabbè’. Mai detti così tanti in tutta la mia vita. Che poi,cosa vuol dire?! Non ne ho idea,forse è solo un intercalare tipico romagnolo. Ora che ci penso non lo uso quasi mai. Inconsciamente devo avergli affidato un significato negativo,come se pronunciarlo volesse dire automaticamente fregarsene…di qualcosa o qualcuno.

Ora che ci (ri)penso un ‘bevabbè’ in più, forse, permetterebbe di allentare la presa,sganciarsi quanto basta dalla realtà e guardare le cose dall’alto,per quelle che sono. In fondo, le incombenze giornaliere,i pensieri più ricorrenti che abbiamo, alle volte sono solo amplificati dal nostro egoismo e dal buttarci nelle cose a capofitto. Io mi impegno…bevabbè… almeno di domenica.

Casello autostradale,uscita:Forlì. Anche il serbatoio non ha fatto una piega come se ci avesse voluto dire: ‘Bevabbè…per oggi va bene così,non disturbo,faccio il mio e ti lascio libera, senza l’incombenza di farti fermare e pensare a me.’

Bevabbè !

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