FORTUNA, SFORTUNA…CHI PUO’ DIRLO..

 

Se leggete una sola frase, come potete giudicare tutto il libro?  

Come se la vita volesse raccontarmi qualcosa, ultimamente mi capita d’incontrare persone veramente speciali: donne e uomini di talento e realizzate in ciò che fanno. E curiosa, indagando nelle loro storie, ho trovato un minimo denominatore comune a tutti loro: hanno avuto tutti un periodo di vita particolarmente difficile o una “sfortuna” (normalmente la chiameremmo così), che poi ha aperto loro l’accesso a risorse eccezionali e li ha resi determinati e creativi nel trovare soluzioni alternative a quella difficoltà che la vita ha posto loro di fronte.

E allora ho ricordato una delle mie storie preferite, una “favola” zen molto famosa, che non guasta mai rileggere.

Molti anni fa, in un povero villaggio cinese, viveva un agricoltore con suo figlio. Suo unico bene materiale, a parte la terra e la piccola casa di paglia, era un cavallo che aveva ereditato da suo padre.
Un giorno, il cavallo scappò lasciando l’uomo senza animali che potessero lavorare la terra. I suoi vicini – che lo rispettavano molto per la sua onestà e diligenza – accorsero a casa sua per dirgli che erano dispiaciuti per quanto era successo. Lui li ringraziò per la visita, ma domandò: “Come fate a sapere se ciò che mi è successo è una disgrazia per me?”

Qualcuno commentò a bassa voce con l’amico: “Non vuole accettare la realtà, lasciamo che pensi quel che vuole, così non si affliggerà per l’avvenuto.”
Ed i vicini andarono via, fingendo d’essere d’accordo con ciò che avevano sentito.

Una settimana dopo, il cavallo ritornò alla stalla, ma non era solo: era accompagnato da una bella giumenta. Al sapere questo, gli abitanti del villaggio – contenti, perché solo ora avevano capito la risposta che l’uomo aveva dato loro – tornarono a casa dell’agricoltore, congratulandosi per la buona sorte.
“Prima avevi solo un cavallo, ed ora ne hai due. Auguri!”, dissero.
“Grazie mille per la visita e per la vostra solidarietà”, rispose l’agricoltore. -“Ma come fate a sapere che l’accaduto è una benedizione per me?”
Sconcertati, e pensando che l’uomo stesse impazzendo, i vicini se ne andarono, commentando per strada “possibile che quest’uomo non capisca che Dio gli ha inviato un dono?”
Passato un mese, il figlio dell’agricoltore, decise di addomesticare la giumenta. Ma l’animale saltò in modo imprevisto, ed il ragazzo, cadendo in malo modo, si ruppe una gamba.
I vicini tornarono a casa dell’agricoltore, portando doni per il giovane ferito. Il sindaco del villaggio, solennemente, presentò le condoglianze al padre, dicendo che tutti erano molto dispiaciuti per l’accaduto.
L’uomo ringraziò per la visita e l’affetto di tutti. Ma domandò: “Come potete sapere se l’accaduto è una disgrazia per me?”

Questa frase lasciò tutti stupefatti, perché nessuno potrebbe avere il minimo dubbio di come un incidente ad un figlio possa essere una tragedia. Uscirono della casa dell’agricoltore, commentando fra sé: “È davvero impazzito; il suo unico figlio può rimanere zoppo per sempre ed ha ancora dubbi che l’accaduto possa davvero essere una disgrazia.”
Trascorsero alcuni mesi ed il Giappone dichiarò guerra alla Cina. Gli emissari dell’imperatore attraversarono tutto il paese alla ricerca di giovani in buona salute da inviare al fronte in battaglia. Arrivarono al villaggio e reclutarono tutti i giovani, eccetto il figlio dell’agricoltore che aveva la gamba rotta.

Nessuno dei ragazzi ritornò vivo. Il figlio guarì, i due animali fecero puledri che furono venduti dando una buona resa in denaro. L’agricoltore passò a visitare i suoi vicini per consolarli ed aiutarli, poiché si erano mostrati solidali con lui in ogni situazione. Ogni volta che qualcuno di loro si lamentava, l’agricoltore diceva: “Come sai se questa è una disgrazia?”. Se qualcuno si rallegrava troppo, gli domandava: “Come sai se questa è una benedizione?”

E gli uomini di quel villaggio capirono che, oltre alle apparenze, la vita ha altri significati.”

 

Già. La vita arriva a frammenti. Se ne conosciamo solo una parte è inevitabile che ci lasceremo andare a conclusioni sommarie. Una volta che iniziamo a giudicare, smettiamo di crescere poiché un giudizio di questo tipo riflette uno stato della mente stagnante e chiuso alla possibilità di cambiamento e rivoluzione.

Ecco, quelle persone, istintivamente, spesso da piccole e senza tanta conoscenza, hanno risposto in modo creativo, senza giudizio, senza arrendersi ad un’evidente “sfortuna”: hanno risposto con passione, istinto, forza d’animo. Non si sono fermati quando la lettura è diventata noiosa o complicata, hanno letto tutto il libro insegnandoci che la cosa più importante di tutte è avere coraggio di seguire la propria intuizione, mantenere un atteggiamento equanime, propositivo e tenace.

Tutto il resto è secondario.

Namaste

Eli

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